mercoledì 27 maggio 2015

La bufala della moneta straniera



Di Daniele Pace*

Negli ultimi anni la crisi economica ha portato in Italia e anche in molti paesi europei, numerose teorie monetarie tutte intente a dare una spiegazione, e quindi una loro soluzione, al problema del peggioramento delle condizioni economiche.
L'imputato unico è indicato nell'Euro, definito come una “moneta straniera” dai molti nuovi esperti monetari, dimenticando come la crisi abbia investito molti paesi non appartenenti all'Euro-zona.
La forza mediatica di questa definizione di moneta straniera ne ha fatto un mantra del monetarismo sia sul web che per alcuni mass-media dove spesso si assiste a discussioni tra personaggi, più o meno noti, o anche tra semplici cittadini, in cui la frase “ora dobbiamo prendere in prestito una moneta straniera”, è divenuta comune e una giustificazione per il ritorno alla lira, considerata la panacea di tutti i mali.
La MMT del banchiere Mosler è sicuramente il primo movimento ad aver avanzato questa definizione e questa spiegazione della moneta straniera o sovrana (i due termini spesso si mescolano) per motivare la crisi che ha colpito il vecchio Continente, sempre dimenticando la sorte toccata anche ad altri paesi.
Il termine di moneta sovrana/non sovrana o moneta straniera non era conosciuto prima della sua introduzione da parte degli economisti della MMT, di cui abbiamo “assaggiato” molte volte il disinvolto e largo uso della semantica, peraltro comune già dal Medioevo da parte dei banchieri, per affermare le loro inesattezze e incongruenze spacciandole per vere.
La convinzione che l'Euro sia una moneta straniera sembra ormai essere radicata in molti, ma in realtà non vi sono assolutamente basi per questa affermazione e anzi, il funzionamento dell'attuale sistema monetario in vigore in Europa (e nel mondo), smentisce categoricamente la definizione di Euro-moneta “straniera” o “non sovrana” e tanto più quella di altre valute (vedi dollaro o sterlina ad esempio) come monete sovrane/nazionali.
Basta osservare il meccanismo di produzione del denaro moderno per rendersi conto come l'affermazione con cui si vuole enunciare l'esistenza di una moneta straniera, sia una bufala colossale, e come gli stati non siano costretti a prendere in prestito una moneta straniera, ma semplicemente ad indebitarsi, tutti, indipendentemente dalla natura nazionale o transnazionale della valuta usata. La problematica infatti non dipende da una presunta moneta straniera o non sovrana, ma dal semplice fatto che gli stati (tutti) non utilizzano le proprie BC per finanziarsi (e anche qui allo stato attuale delle cose avremmo comunque un debito), ma i mercati primari dove piazzare i propri titoli all'asta, mentre i cittadini devono ricorrere al credito. Vediamo dunque le prove per affermare la “non esistenza” della moneta straniera analizzando direttamente il funzionamento della BCE e delle varie BC, del mercato primario e del sistema creditizio.


Il funzionamento della BCE e della FED

Per accorgersi di questa clamorosa bufala, è sufficiente riassumere in poche righe il funzionamento dell'attuale sistema monetario, a partire dalle banche centrali, nelle loro funzioni e nei loro compiti.
La BCE, così come la FED, hanno, tra gli altri, il compito di fornire liquidità al sistema bancario. Mentre la FED fornisce liquidità a tutto il sistema statunitense, lo stesso non accade per la BCE, composizione delle varie Banche Centrali aderenti, che sono in realtà le delegate a questa funzione, stampando direttamente le banconote per il 92% del totale, mentre solo l'8% è attribuito a Bruxelles. Questo è chiaramente visibile dai bilanci delle varie banche centrali nazionali, come nel caso della Banca d'Italia, e dallo stesso sito della BCE[1]:
Per decisione del Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE), la BCE e le 12 banche centrali nazionali (BCN), che insieme compongono l'Eurosistema, emetteranno le banconote in euro.
Dall'inizio del 2002 alla BCE verrà attribuito l'8% del valore complessivo dei biglietti in euro in circolazione, mentre il restante 92% sarà emesso dalle 12 BCN. Ciascuna BCN iscriverà in bilancio una percentuale dell'ammontare complessivo di banconote emesse proporzionale alla rispettiva quota di partecipazione al capitale della BCE.”
Le banconote sono infatti contabilizzate nei bilanci delle singole BC in quanto sono queste a stampare e fornire liquidità ai propri sistemi nazionali di istituti di credito. Se fosse la BCE a creare l'intera base monetaria M0 rappresentata dalle banconote (e dalle attività finanziarie in esse rapidamente convertibili), non dovrebbe comparire nessuna contabilizzazione di questo aggregato M0 nei bilanci delle singole banche centrali, come invece accade chiaramente al pari della contabilizzazione dei collaterali forniti dalle banche commerciali in cambio di questa liquidità.
La Banca d'Italia infatti, al pari delle altre BC dell'Euro-zona, contabilizza l'esatto ammontare della liquidità (banconote in circolazione) che questa ha fornito al sistema bancario nazionale[2].
Nel bilancio della BCE appare dunque la contabilizzazione del solo 8% delle banconote in circolazione, come stabilito dagli accordi presi alla sua fondazione.
Le banconote vengono quindi stampate e messe in circolazione dalle singole BC, che non devono prendere in prestito nessuna moneta straniera in quanto l'Euro è prodotto e contabilizzato in Italia, dalla Banca d'Italia, per il sistema bancario italiano.

Non serve nemmeno andare a leggere lo statuto della BCE o il bilancio della nostra banca centrale per rendersi conto di questo fatto, ma basta visitare la pagina relativa ai compiti che essa ha in relazione alle banconote[2], che recita testualmente:
La Banca d’Italia emette le banconote in euro in base ai principi e alle regole fissati nell’Eurosistema.
Nell'ambito dell'Eurosistema, la Banca d'Italia produce la quantità di banconote in euro a essa assegnata, immette le banconote in circolazione e provvede al ritiro e alla sostituzione dei biglietti deteriorati, [...] contribuisce alla determinazione dei quantitativi da produrre [...]
La Banca d'Italia, inoltre, esercita poteri di controllo sui gestori del contante e, nei casi di inosservanza delle disposizioni che ne disciplinano l'attività, può adottare provvedimenti sanzionatori e di divieto.
[…]
L'emissione delle banconote.
Dal 1 gennaio 2002 la Banca d'Italia e le altre 11 Banche Centrale Nazionali (BCN) dei Paesi dell'Unione Europea (UE) che avevano adottato l'euro, hanno iniziato a emettere, nel quadro dei principi e delle regole che disciplinano la funzione di emissione dell'Eurosistema, banconote denominate in euro.
[…]
Sia la Banca Centrale Europea (BCE) sia le BCN dei paesi partecipanti all'area dell'euro hanno titolo legale a emettere banconote in euro. In pratica soltanto le BCN provvedono materialmente all'emissione e al ritiro dei biglietti in euro. La BCE non è infatti coinvolta in alcuna operazione di cassa.
La funzione di emissione svolta dalla Banca d'Italia si articola su tutto il territorio nazionale attraverso la rete delle filiali.
A livello locale le singole filiali provvedono ad alimentare il sistema con banconote idonee alla circolazione e a ritirare dalla circolazione le banconote logore attraverso i prelevamenti e i versamenti effettuati dalle banche, e, per conto di queste ultime, dalle società di servizi.”

In conclusione le Euro-banconote non sono prodotte da stati “stranieri”, ma dalle stesse BC per i loro sistemi bancari che tra l'altro, particolare rilevante, devono pagarle. Infatti le varie BC nel fornire liquidità al sistema ricevono in cambio obbligazioni (oppure concedendo prestiti) che saranno saldate con interessi. Sono quindi le banche a “pagare” le banconote e non gli stati o i cittadini.


Il sistema del credito e il finanziamento ai privati

Riassumiamo ora brevemente il funzionamento dell'altra componente “emettitrice” di Euro: il sistema del credito che come più volte confermato dalla Banca d'Inghilterra e da numerosi altri enti pubblici e organi d'informazione più che attendibili (vedi il Financial Times o il The Guardian), ha la prerogativa di creare dal nulla il credito necessario a cittadini ed imprese semplicemente con delle scritture contabili nel proprio bilancio.
Quando un cliente chiede un prestito alla propria banca, questa la crea direttamente nel proprio bilancio. Se la banca sarà italiana, creerà la relativa somma in Euro in un bilancio redatto e presentato in Italia, senza doverla chiedere a nessun “straniero”. Anche il credito (in Euro) quindi, al pari delle banconote (in Euro), viene creato sul territorio nazionale ex nihilo, dal nulla, senza dover passare i confini nazionali dall'estero per essere erogato al cliente.
Come detto nel paragrafo precedente, anche nel caso il cliente di una banca italiana desiderasse ricevere una somma (grande o piccola) in banconote (che sia un prelievo o un prestito), il proprio istituto di credito utilizzerebbe le proprie riserve liquide (ottenute dalla raccolta sul territorio di residenza) o nell'ipotetico caso queste fossero esaurite, si rivolgerebbe alla Banca d'Italia che procederebbe a stamparle e contabilizzarle sul territorio nazionale.
Anche il credito quindi, come le banconote, nasce sul territorio nazionale e non deve essere preso in prestito da nessun straniero, in quanto la moneta viene creata “in casa” e non certo in qualche luogo lontano dai confini nazionali e prestata al sistema bancario italiano.
Il credito in euro viene quindi erogato in ciascuna nazione come una classica valuta nazionale. I francesi si rivolgono a banche francesi che lo creano nel loro bilancio “francese” su cui pagheranno tasse “francesi”. I tedeschi si rivolgono a banche tedesche che lo creano nel loro bilancio “tedesco” su cui pagheranno tasse “tedesche” e così via. Non vi è nessuna traccia di moneta (in qualsiasi forma) creata esclusivamente da uno stato estero e data ad un altro. Non esiste in conclusione una “moneta straniera” da prendere in prestito, ma solo (purtroppo) una moneta privata da prendere in prestito come era nel caso della Lira e come è nel caso delle valute fuori dall'area Euro.


Il finanziamento dello stato e i mercati primari

Stabilito come avviene il finanziamento ai privati con una moneta “creata” sul territorio, vediamo invece come funziona il finanziamento allo stato.
Esso è del tutto indipendente dalla creazione monetaria in quanto si basa sulle aste dei titoli a cui partecipano varie banche, esattamente come accadeva con la lira. Lo stato non deve ricorrere al prestito di una moneta straniera ma, come per i privati, al prestito dando come collaterale un proprio titolo da rimborsare alla scadenza con un interesse.
Nulla ha a che fare con il prestito di una “moneta straniera”, in quanto lo stato richiede, per il suo finanziamento, Euro già esistenti ad un cartello di banche (che poi cercherà di piazzare i suoi titoli o li terrà a seconda delle sue esigenze).
Questi euro non vengono richiesti in prestito ad una banca centrale straniera, ma nello stesso modo in cui venivano richieste le lire. Entrambe le monete erano/sono riconosciute come valute nazionali, entrambe prestate indipendentemente dalla loro creazione.
Anche se la lira era una moneta esclusivamente italiana, mentre l'euro può essere creato in tutta l'Euro-zona, questo non ha nessuna correlazione con il debito pubblico che esisterebbe anche con un ritorno ad una neo-lira in quanto frutto di un'asta di titoli.

La differenza fondamentale nella collocazione dei titoli non dipende quindi da una presunta “origine straniera” dell'Euro, ma dalla volontà del ministero del tesoro, e in particolare dalle sue decisioni in merito alle banche incaricate dell'acquisto sul mercato primario e dall'internazionalizzazione dei mercati, che vede oggi un programma di emissioni per il mercato domestico e uno per il mercato internazionale, rivolto in particolare agli Stati Uniti dove vi sono collocazioni di titoli denominati anche in dollari.

In precedenza le banche dealer erano quasi tutte italiane[3], mentre oggi sono quasi tutte straniere[4]. Questo è l'unico elemento “straniero” che si è aggiunto negli ultimi due decenni, insieme al mercato internazionale dei titoli[5].


Conclusioni

In conclusione, affermare che l'euro è una moneta straniera da prendere in prestito da “stranieri” come spiegazione alla crisi è del tutto fuorviante, in quanto questa conclusione non ha nessun fondamento. Come visto l'Italia, come ogni altro paese dell'Euro-zona, emette questa moneta che ha la sola caratteristica di essere l'unica in tutta l'unione, ma non di essere “straniera” né tanto di essere diversa, nel suo funzionamento e nel meccanismo di emissione, da qualsiasi altra valuta che sia il Dollaro, la Sterlina o lo Yen.
Queste non sono monete “sovrane” ma monete private appartenenti di fatto alle banche. Come si può leggere da un qualsiasi comunicato dell'Associazione Bancaria Italiana inoltre, nel 2014[6] le banche italiane hanno prestato 1.820 miliardi di euro alla clientela italiana, chiaramente creati dalle stesse banche nella loro contabilità. Somma evidentemente superiore ai quasi 985 miliardi di banconote (dati gennaio 2015) create in tutta l'euro-zona (quindi dal consorzio di tutte le banche centrali europee aderenti alla moneta unica), altro segno evidente di come questo denaro non possa provenire dalla BCE e dunque di come non esista un prestito dallo “straniero” a causa dell'euro, creato invece “in casa” dal sistema bancario (ammesso che la BCE abbia quel ruolo di “banca straniera”).
Per quel che riguarda il debito pubblico invece, la cui creazione è dovuta all'uso dei titoli di stato e non alla “stampa di una moneta straniera” [che non esiste, NdA], la stessa banca d'Italia e i mass-media[7] ne forniscono un quadro preciso con solo il 30% (di titoli di stato) in mano straniera.
La conclusione dell'esistenza di una moneta sovrana e una non sovrana inoltre, è smentita ogni volta che si chiede ai referenti di MMT o ad altri, di provare con una documentazione ufficiale la loro affermazione per cui gli Stati Uniti ad esempio (o gli altri paesi a moneta sovrana), emetterebbero la loro moneta.
Personalmente ho chiesto già da due anni a Mosler questi documenti, ma la sua risposta (scritta) fu quella di non essere in grado di mostrarmeli. Non meglio è andata al ricercatore Vito Zuccato di Moneta Proprietà, che ha fatto la stessa richiesta (scritta) ad Ivan Invernizzi, che ha saputo fornire solo risposte vaghe e un ultimo “do not disturb” in mancanza di una credibile certificazione.

Eppure fornire questa documentazione dovrebbe essere semplicissimo in quanto questa può essere solo il Bilancio dello Stato dove verrebbero contabilizzate le emissioni di moneta sovrana (USA, UK, Giappone e qualsiasi altro paese a moneta sovrana) e il Decreto legge che ordinerebbe al ministero del Tesoro l'emissione e il suo esatto ammontare, come era nel caso delle 500 lire di carta italiane, e dei dollari di JF Kennedy. Lo Stato infatti non agisce a caso, ma ogni sua azione va legiferata.
Documenti pubblici dunque, reperibili su internet con pochi click, ma non mostrati semplicemente in quanto non esistono. Non c'è nessuna contabilizzazione di dollari emessi nel bilancio degli USA (e degli altri paesi per le rispettive valute), mentre i proventi da signoraggio sono i pochi profitti (sugli interessi) ottenuti dalle BC e girati allo stato. Quindi non realizzati dagli Stati tramite emissione ma dalle BC.
Invito tutti a porre al proprio interlocutore che parlasse di moneta sovrana, la richiesta di questi due documenti, gli unici in grado di accertare che un paese emetta la propria moneta. Nel caso dovessero mostrarvi invece il bilancio della banca centrale, come la Federal Reserve ad esempio, ricordate quanto detto sul funzionamento della BC, e che la contabilità ha degli standard internazionali per cui il bilancio della FED viene redatto allo stesso modo di quello della BCE, e quindi non dimostra affatto nulla, altrimenti sarebbero diversi (oltre ad essere appartenenti ad entità definite indipendenti e diverse dallo stato).


Intanto attendiamo con pazienza che venga mostrato il Bilancio dello Stato e il Decreto Legge di un qualsiasi stato che consenta di certificare l'emissione di una moneta sovrana/non straniera.

L'uscita dall'Euro faciliterebbe le decisioni politiche, ma senza un cambiamento nella struttura del sistema monetario ed una precisa volontà politica, non avrebbe nessun impatto sul debito e sulla sovranità monetaria nazionale.


* Daniele Pace, ricercatore indipendente e scrittore

PS: per chi fosse interessato a conoscere le banche dealers all'acquisto dei Titoli di Stato in europa paese per paese puo consultare la nota n.8


Note

[1] https://www.ecb.europa.eu/press/pr/date/2001/html/pr011206_1.it.html
[3] Elenco degli operatori principali, gennaio-settembre 1994 – da “IL COMPORTAMENTO STRATEGICO DEGLI SPECIALISTI IN TITOLI DI STATO “ di MAURIZIO ORDINE - ANTONIO SCALIA - * Banca d’Italia, Servizio Mercati Monetario e Finanziario.
Elenco delle banche dealer, pag 9

Banca Commerciale Italiana
Banca di Roma
Bank of America
Caboto Holding Sim
Carispa di Torino
Credito Italiano
Istituto Bancario San Paolo Torino
Monte dei Paschi di Siena
Sigeco Sim
Morgan Bank
Cariplo *
Banco di Napoli *
Morgan Stanley *

* Tali operatori sono diventati specialisti in data successiva al 30 settembre 1994.

[4] Elenco delle banche dealer – Ministero del tesoro (http://www.dt.tesoro.it/export/sites/sitodt/modules/documenti_it/debito_pubblico/elenco_specialisti/Elenco_Specialisti_in_titoli_di_Strato_-_Dal_8_aprile_2013.pdf)
[5] Ministero del Tesoro – Emissioni sui Mercati internazionali (http://www.dt.tesoro.it/it/debito_pubblico/emissioni_sui_mercati_internazionali/)
[6] Comunicato ABI (http://www.agi.it/economia/notizie/abi_aumentano_prestiti_nel_2014_2_2_a_imprese_31_2_mutui-201501191557-eco-rt10131)

[7] Il Fatto Quotidiano, prima parte dell'articolo (http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/05/21/europa-le-conseguenze-di-un-ripudio-del-debito/989766/)
[8] Scarica qui l'handbook delle banche dealers: http://www.afme.eu/dynamic.aspx?id=1992

martedì 19 maggio 2015

Le banche usano, di fatto, mezzi illeciti come il falso in bilancio e l'autoriciclaggio....


Catapano: “Le banche usano mezzi illeciti come il falso in bilancio e l’autoriciclaggio nello svolgimento della loro attività al fine di ottenere enormi guadagni che non dichiarano”

Comunicato -  Da Michele Imperio 26 Gennaio 2015
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"Quando la banca riceve contanti crea sui conti correnti denaro elettronico equivalente al contante ottenuto "clonando" quindi il valore del denaro liquido che dovrebbe essere annullato o distrutto.Giuridicamente, infatti, le banche non hanno una esplicita licenza di creare denaro virtuale, ma vengono considerate solo come società di intermediazione finanziaria. L'attività principale delle banche consiste invece proprio nella creazione di denaro ex novo, che - ad oggi - non risulta contabilizzato a bilancio. Se gli istituti di credito evitano di iscrivere in contabilità, nel risultato lordo d'esercizio, la quota annuale di denaro virtuale che creano dal nulla, è evidente che lo considererebbero esse stesse "denaro falso". A norma di legge i debiti contratti con denaro falso sono viziati e non sono giuridicamente validi. Ne deriva che tutti i debiti contratti con le banche sarebbero annullabili, un vero e proprio miracolo degno della "Madonna dei Debitori"! Ma la notizia buona è che non c'è nessun bisogno di cambiare le regole esistenti: se le banche seguissero la regola contabile principale ovvero quella che richiede che il bilancio esponga la situazione economica, patrimoniale e finanziaria reale, allora si regolarizzerebbe questo denaro".
"Quello che emerge dallo studio approfondito dei bilanci bancari è che essi sembranopredisposti ad arte per occultare la creazione di denaro. Le banche, infatti, segnano i depositi e i conti correnti solo al passivo di bilancio. Ora che è finalmente riconosciuto il fatto che le banche creano dal nulla il denaro necessario per tutti gli impieghi, è evidente che questo denaro debba essere registrato prima all'attivo, e solo dopo, al momento dell'impiego, al passivo. Oggi questo non avviene, è come se il proprietario di una casa la affittasse senza averla prima registrata al catasto e pretendesse il pagamento dell'affitto senza dimostrare la catena di titolarità della proprietà. E' un vulnus della legalità. In parole semplici: le banche fanno guadagni enormi prestando denaro di cui non risultano avere la proprietà, per cui non ci pagano le tasse, riottenendo indietro il denaro con gli interessi. Il margine operativo lordo delle banche ammonta a enormi quantità di denaro, decine di miliardi di euro, di cui beneficiano solo gli istituti di credito. Il Pil del nostro Paese potrebbe raddoppiare in un mese, se i "soldi virtuali" creati dalle banche fossero calcolati e tassati.
"Al momento non si dispone nemmeno di uno studio di settore dedicato all'attività bancaria, in particolare per i codici ATECO 64.11.00 (Attività della Banca Centrale) e 64.19.10 (Intermediazione monetaria di istituti monetari diverse dalle Banche centrali) .
"La brama di denaro ha portato le banche a concentrarsi sulle attività finanziarie e speculative. La mia opinione è che sia stato costruito "ad arte" un sistema finalizzato a creare enormi riserve di denaro da utilizzare per costruire una catena di comando in cima alla quale ci sono le banche e al di sotto i governi, che dovrebbero rappresentare gli interessi dei cittadini, ma che oggi sono sotto scacco da parte delle banche stesse, che vengono mediaticamente spacciate come "il mercato", al punto da non poter più operare per il bene della propria comunità. In questa struttura piramidale che non ha nulla di democratico, si crea un vero e proprio "governo delle banche" che condiziona la vita o la morte degli Stati, manipolando i tassi, i cambi e i prezzi, dell'oro e delle materie prime ad esempio, e finanziando rivoluzioni per soggiogare e indebitare le popolazioni, come quella in Ucraina che da aprile si trova sul gobbo un prestito di ben 17 miliardi di dollari da parte del FMI. I condizionamenti politici ed economici legati a questi prestiti internazionali, spacciati per "aiuti", portano a conseguenze geopolitiche disastrose, come è evidente dalle attuali tensioni che l'Occidente sta creando con la Russia".

Nota - Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di BolognaToday

Fonte:BolognaToday

mercoledì 6 maggio 2015

QUESTA NON E’ UNA CRISI ECONOMICA

QUESTA NON E’ UNA CRISI ECONOMICA

- di Marco Della Luna –
Questa non è una crisi economica. Spiegata la fretta di Renzi sull’Italicum.
Questa non è una crisi economica, ma è uno strumento, un processo voluto e pianificato per arrivare a sostituire la zootecnia alla politica, ossia per poter governare la popolazione terrestre con la padronanza, sicurezza e assenza di resistenza con cui si governa il bestiame nella stalla o i polli in batteria. E per arrivare e a ciò con la collaborazione della gente, facendole credere che le riforme siano tutte scelte scientifiche razionali e magari anche democratiche (l’aspetto didattico-ideologico, la dottrina dei mercati sani e disciplinanti, la deregulation, la globalisation, la competizione via deflazione salariale). E’ l’ingegneria sociale della decrescita infelice che descrivevo, cinque anni fa, nel saggio Oligarchia per popoli superflui.
Questo processo è stato avviato dalla metà degli anni ’70, mediante una serie di precise scelte: un preciso modello economico, una serie di riforme legislative, di lungo respiro (soprattutto la deregolamentazione del settore bancario, l’indipendenza delle banche centrali, la privatizzazione del rifinanziamento del debito pubblico), che si sapeva benissimo che cosa avrebbero prodotto, ossia una società e un’economia reale permanentemente in balia dei mercati e ricattabili dagli speculatori finanziari. Una crescente concentrazione di quote di reddito, quote di ricchezza, quote di potere, nelle mani dei pochi che decidono. Tutti gli altri soggetti (cioè Stati, imprese, famiglie, pensionati, disoccupati…) permanentemente con l’acqua alla gola, impoveriti, costretti ad obbedire, ad accettare, come condizione per una boccata d’aria o di quantitative easing, dosi ulteriori di quelle medesime riforme. Dosi ulteriori di concentrazione di ricchezza e potenza, di oligarchia tecnocratica irresponsabile e senza partecipazione dal basso, senza controllo democratico. Senza garanzie costituzionali. Era tutto intenzionale. Infatti, nessuno dei meccanismi finanziari che hanno prodotto e mantengono l’apparente crisi è stato rimosso, dopo visti i danni che facevano, nemmeno la possibilità per le banche di giocare in borsa coi soldi dei risparmiatori.
Anche l’euro si sapeva benissimo che cosa avrebbe prodotto, in base a ripetute esperienze precedenti con il blocco dei cambi tra paesi economicamente dissimili. E’ stato introdotto come strumento per creare una certa situazione.
Tutto questo non è un incidente, una crisi, un cigno nero, bensì un’operazione di potenziamento e razionalizzazione tecnologica del controllo sociale; non mira banalmente al profitto economico, il quale ormai è un concetto superato da quando la ricchezza si produce con metodi contabili ed elettronici nel gioco di sponda tra banche e governi, che possono creare tanto denaro quanto vogliono. Mira all’ottimizzazione tecnologica e giuridica del dominio sociale.
Non è una crisi, e soprattutto non è una crisi economica, signori economisti; sicché affannarsi a proporre ingegnose soluzioni sul piano economico e monetario è incongruo, improduttivo. Infatti non vi danno retta, coloro che prendono le decisioni.
Non è qualcosa di accidentale, non stanno cercando di uscirne: è un processo guidato verso un obiettivo preciso e già ampiamente conseguito, un processo a cui nessuna forza politica o morale può opporsi efficacemente, dati i rapporti di forza; e l’unica speranza sta nella possibilità che esso sfugga di mano ai suoi strateghi e ingegneri, per la sua stessa complessità e dinamicità.
La fascistoide riforma costituzionale ed elettorale di Renzi – diciamo di Renzi, ma sappiamo che le riforme strutturali in Italia le detta Francoforte, nell’interesse di padroni stranieri, e che da qualche tempo i primi ministri italiani agiscono su suo mandato – è un tassello italiano di questa strategia zootecnica, disegnato per consentire la gestione dell’intero paese attraverso un’unica persona, un unico organo istituzionale, il Primo Ministro, che assommerà in sé i poteri politici senza contrappesi e controlli indipendenti. I tempi forzati in cui la detta riforma “deve” venire attuata, sono verosimilmente in relazione al tempo per cui si calcola che la situazione italiana possa reggere, prima che vengano  meno le condizioni esterne molto favorevoli oggi presenti, prima che arrivino pesanti scadenze finanziarie (perdite su contratti derivati sul debito pubblico per centinaia di miliardi), prima che si dissolva l’impressione popolare di incipiente ripresa e che si renda necessario imporre nuovi e impopolare i sacrifici.
Quando ciò avverrà, si scateneranno forti tensioni sociali e si calcola di poterle reprimere e contenere grazie a una riforma costituzionale di tipo autoritario, a un governo “forte”, autocratico. Renzi non è un dittatore, è solo un esecutore teleguidato, di modestissime capacità proprie, costruito col marketing. Ma sta preparando il posto di comando per il dittatore che verrà dopo di lui. Ecco il perché della fiducia posta dal governo sull’Italicum, una riforma elettorale che andrà in vigore nel 2016, sicché non ci dovrebbe essere fretta ad approvarla; ma in realtà c’è molta fretta, perché proprio nel 2016 finirà il quantitative easing assieme agli effetti benefici della svalutazione dell’euro, e allora il quadro potrebbe saltare, bisogna avere tutto pronto. Renzi, se vuole continuare a ricevere l’appoggio su cui è costruito, deve rispettare i tempi di marcia dettatigli da chi lo ha fatto.
Ma per rispettare questi tempi, e a conferma del fatto che il suo governo come i precedenti rappresenta l’alleanza (asimmetrica) tra gli interessi della casta  italiana e quelli del padrone straniero, il governo Renzi ha bisogno di mantenere l’appoggio degli interessi parassitari legati alla politica e necessari onde ottenere i voti in parlamento sulle riforme, il che spiega perché non ha toccato i centri di spreco e ruberie come le famose società partecipate né ha proceduto alla spending review, quantunque queste siano urgenze vere. Se l’avesse fatto, la sua maggioranza si sarebbe squagliata subito. Invece il 29 e 30 aprile ben due terzi dai suoi apparenti oppositori interni gli hanno votato la fiducia sulla legge elettorale. Funziona sempre, questa irresistibile attrazione delle poltrone che galleggiano sulle spalle del Paese che affonda.