Negli
ultimi giorni sono state avanzate delle proposte che vorrebbero il
denaro come strumento / documento contabile, atto a valorizzare il
lavoro e da utilizzare per il pagamento di stipendi e materiali, per
gli scambi commerciali e il pagamento dei servizi.
Questa
proposta di considerare il denaro come strumento/documento contabile
non solo non può essere accettata, ma è
sbagliata nelle sue basi, oltre
che non coincidente con la definizione stessa di strumento contabile,
e
il denaro va considerato sempre come una fattispecie giuridica di
valore astratto, creata dalla mente e dall'induzione socio-giuridica
e non dalla contabilità.
La
proposta nasce probabilmente dalla considerazione di molti che vede
il denaro come “sterco del demonio”, un'invenzione malvagia che
va assolutamente devalorizzata se non eliminata dalla società, e una
sua definizione come strumento contabile porterebbe alla soluzione
definitiva. In realtà è
questo denaro privato delle banche a possedere queste
caratteristiche, ma non certo la moneta nella sua vera natura e
funzione, quella descritta da Aristotele, seppur in modo parziale e
poi riconcepita in modo definitivo da Auriti. Nella sua vera natura e
funzione la moneta è
uno concetto
utilissimo e proprio il suo valore, astratto e sociale, a dargli
questa utilità. Il problema è
casomai la sua comprensione e creazione, che non può avvenire certo
attraverso la contabilità.
Infatti
la
contabilità,
già nell'etimologia stessa della parola, non ha nulla a che vedere
con il valore del denaro, in quanto già
nel suo significato, contare
appunto, è
un tener di conto dei
valori monetari, e questo non può
coincidere con i valori stessi. I
valori monetari possono essere contati
grazie alla contabilità, ma non certo creati, come fa oggi la banca
producendo il denaro dal nulla.
Una
creazione contabile del valore, seppur intesa al servizio della
società, creerebbe problemi di attribuzione della proprietà
ancorché di natura giuridica e filosofica non trascurabili,
occultando di nuovo quella che è
la natura e funzione della moneta e la sua stessa creazione, nel
valore, come strumento sociale. La
moneta è
l'unita di misura e il mezzo di scambio, che
non nasce da un calcolo ragionieristico, ma da un processo ben
definito individuato dagli studi di Auriti
!
La
contabilità
non
ha potere d'acquisto... è
solo un tener di conto (le misure e i poteri d'acquisto) .... è
la stessa differenza che passa tra la calcolatrice e i numeri !
Tanto
che il denaro (il mezzo e l'unita' di misura) può
esistere senza contabilità
ma non
viceversa ... con la contabilità
non
ci si
mangia
... con il denaro si possono acquistare cibi da
contabilizzare poi per chi vuole tenere conto dei movimenti monetari
e di merci.
Ma
la contabilità non corrisponde ne alla moneta, ne tanto meno alle
merci, di cui è solo la
registrazione dei movimenti, la dinamica dei valori, e non certo il
loro valore, né tanto meno questo può nascere dall'algebra della
ragionieristica.
La
movimentazione delle merci e la prestazione lavorativa,
contabilizzate nei bilanci, non possono dar vita al valore del mezzo
monetario, ne tanto meno alla sua circolazione, ma servono solo ad
una registrazione dei loro effetti (scambio di beni e servizi) in
seno alla società. Fu
lo stesso errore di Marx
e Ricardo
... la moneta non
può
essere legata alla merce che ha valore soggettivo e d'uso, infatti è
cristallizzato fino all'acquisto. La
merce non può creare il valore monetario, indipendente da essa e al
limite scambiabile con la merce nell'assioma valore del bene contro
valore monetario.
In
questo
errore
si
alimenta
il conflitto tra lavoratore e produttore nella sottrazione
del plusvalore, e
la visione di moneta come strumento contabile, nell'oscurare il reale
processo di creazione e induzione monetaria, rischi di favorire il
perpetrarsi di questo conflitto anche nel caso si volesse teorizzare
una contabilità “creativa”.
Con
Auriti
si
è
fatto un gran passo in avanti perché
l'indotto giuridico (e quindi a nascita del valore monetario) non
ha nessun legame col plusvalore e
il denaro può essere creato liberamente e in abbondante quantità
certificandone il valore alla società composta dai cittadini, con
una proprietà libera ma mobile, di portatore in portatore. Questo
significa che il capitale oggi non va più inseguito, ma può essere
tranquillamente inventato dal nulla slegandolo da lavoro e produzione
nella sua creazione...
tornando alla forma D-M-D si torna indietro di 150 anni.
Nella
foga di trovare soluzioni a questa crisi si
sta confondendo il meccanismo di emissione con la nascita del valore
e il mezzo di scambio con
la contabilità
che
non
è
il bene che si contabilizza, ma l'aritmetica dei suoi movimenti
/ trasferimenti.
In
pratica si
sta
confondendo il simbolo con il valore… che è
l'errore del monetarismo classico per il quale la banca oggi
emettendo il simbolo si appropria del valore.... come simbolo si
può
scegliere quello che si
vuole
e trasferirci il valore, ma questo e' distinto sin dall'origine ed ha
una proprietà
che non
può
essere spaziale (materiale).
La
moneta nasce dalla mente, non
dallo scambio ... quella è
la seconda fase, quella strumentale, che non
potrebbe esserci senza la prima, la nascita del valore ... e solo con
la prima possiamo
dire che la moneta è
di proprietà
del cittadino e può
essere usata come strumento sociale ... mentre nella circolazione vi
è
la coincidenza tra astrazione e uso sociale del valore astratto.
Inoltre
è
la stessa definizione ragionieristica (esatta) di
strumento (o
documento)
contabile a
non poter coincidere con quella di denaro. Uno strumento contabile è
per definizione lo strumento con cui si usa tener di conto, ovvero è
il registro utilizzato per tener di conto per un gruppo di valori. Lo
strumento contabile
è
infatti
la partita doppia, o semplice, è
la somma algebrica dei valori
e
delle merci
e non
può
coincidere (essere
la stessa cosa)
con i valori perché
ne è
la registrazione dei movimenti/trasferimenti (di denaro). È
come dire che un saldo fra me e te di due pere equivale alle due pere
reali...
il saldo non
lo mangio (e una pura registrazione), le pere si (sono il valore),
esistono,
ed esistono indipendentemente se sono contabilizzate o meno.
Uno
strumento contabile è
il libro mastro, il bilancio, il registro IVA
… tutti registri di movimento/trasferimento di valori preesistenti,
qualunque essi siano.
Non
si
capisce
perché
si voglia insistere
su una definizione che appartiene alla ragionieristica e non al
monetarismo. Il
valore esiste senza contabilità,
la contabilità
non
esiste senza valore.
Il
denaro non può essere strumento (documento) contabile ma la
relazione di tempo previsionale, astratta e psichica, a cui viene
attribuito il valore (il potere d'acquisto). La stessa registrazione
contabile dei movimenti di valore non può creare il valore che viene
invece creato precedentemente e quindi registrato contabilmente. Ma è
il valore a creare lo scambio, non la registrazione !
Sarebbe
come dire che se contabilizzo 2 pere automaticamente ho 2 pere,
mentre
in realtà ho solo registrato un bene reale che deve essere prodotto
autonomamente a seconda del tipo di bene. Ugualmente la
creazione del denaro è
precedente alla sua contabilizzazione, e
questa viene utilizzata solo per l'utilità di tener di conto i
valori, non perché essenziale nella creazione
... che
è
astratta e nasce da altri meccanismi, quelli
descritti da Auriti e ormai svelati con l'era del Fiat Money.
Anche
la contabilità dei beni, in caso di un loro scambio tra
individui/aziende senza trasferimento di denaro, resta una semplice
registrazione del baratto e non può essere denaro...e nemmeno di
denaro si può parlare, essendo questo un valore ben definito. In
contabilità questo riferimento può essere avanzato solo in base
alla misurazione del valore da sommare algebricamente e non al valore
della misura, nato da un accordo sociale ben diverso e non
teorizzabile con la ragionieristica.
Vi
è quindi uno sbaglio
concettuale e di terminologia nel volere attribuire al denaro
un'eguaglianza allo strumento contabile, campo della ragionieristica
e non certo del monetarismo.
Questa
eguaglianza non fa altro che protrarre i malintesi (voluti) creati
dall'economia nello studio della moneta, riportandola nell'ambito
puramente economico e con una definizione che nemmeno è
coincidente con il potere d'acquisto ma addirittura con una sua
registrazione.
Quando
si parla di strumento contabile inoltre si evidenziano strumenti
ragionieristici già esistenti e nati con scopi ben definiti (tener
di conto) diversi dallo strumento sociale quale è
il denaro nato per uno scopo preciso (lo scambio e la misurazione
delle merci)
Credo
che vi sia la necessità invece, se vogliamo riformare il sistema
monetario, di separare bene le definizioni della materia monetarista
da quelle della materia economica, di cui la ragionieristica fa
invece parte. L'inganno del denaro è
stato infatti perpetrato a danno dei popoli analizzando la moneta
come fattispecie economica, inglobando il monetarismo all'economia
delle banche, mentre noi abbiamo bisogno di fondare la nuova materia
monetaria, quella della fattispecie giuridica e sociale della moneta.
*Daniele
Pace, autore de “La Moneta dell'Utopia”