Il Sindaco dal nome impronunciabile si trovava nella stessa identica situazione i cui si trovano i sindaci italiani e gli amministratori pubblici nei giorni nostri: incapaci di far ripartire l’economia locale e impossibilitati a garantire quei servizi che ogni ente locale è obbligato per legge a erogare. Qui il Sindaco, che doveva sicuramente essere uno studioso e un ammiratore dell’economista “eretico” Silvio Gesell, introdusse un mezzo di scambio locale per provare a incentivare il lavoro.
La crisi planetaria ha oramai messo in ginocchio l’Europa, la morsa finanziaria miete vittime ogni giorno che passa, il cieco delirio tecnocratico non da il minimo cenno di redenzione, i sacerdoti della moneta unica sacrificano sull’altare della troika i popoli europei imponendo la dura legge dell’austerità. Le immagini che abbiamo visto in Grecia, in Spagna, in Francia e ora timidamente anche in Italia sono inequivocabili: studenti, lavoratori, professori, imprenditori, professionisti e cassaintegrati non rimangono inerti di fronte alla distruzione dello stato sociale, manifestano e chiedono lavoro, servizi essenziali e assistenza sanitaria: in poche parole reclamano il loro diritto alla sopravvivenza e al futuro.
In Italia nonostante le fandonie e le colossali bufale sulla luce che si vede in fondo al tunnel (tutti ormai sono convinti che sia quella del treno che ci viene incontro e non quella del sole) sempre più persone perdono la propria casa, il proprio lavoro, l’assistenza ai disabili, agli anziani, il servizio dei nidi e delle scuole dell’infanzia. Nonostante il regime di dura repressione fiscale, i tagli alla spesa pubblica e tutte le misure da macelleria sociale portate avanti indistintamente da Mario Goldman Monti, Enrico Lecca Lecca e Matteo l’Etruriano, il debito pubblico viaggia spedito verso quota 2300 miliardi, anche grazie alle manovre finanziarie dell’altro cameriere della Goldman, Mario Draghi. La tv e la stampa di regime evitano (un po’ per palese incompetenza, un po’ per asservita riverenza) di indagare sulla fine che fanno i soldi estorti agli italiani e quelli non spesi dalle pubbliche amministrazioni.
Sembra davverp che non ci sia alcuna speranza per le comunità cittadine, lo stradominio €urocratico è in grado di controllare e mettere sotto le proprie catene l’economia, la politica, il territorio e la cultura. Quando si affrontano questioni così difficili e apparentemente irrisolvibili, l’essere umano comincia a ingegnarsi per trovare soluzioni, spesso attingendo dall’infinito bagaglio delle esperienze passate che rimane sempre a disposizione. Ad esempio, durante la grande depressione del ’29 (che secondo alcuni analisti sarà ampiamente superata dalla crisi dei giorni nostri) ci fu un piccolo centro del Tirolo austriaco che diede vita ad un esperimento singolare, egregiamente raccontato daMaurizio Blondet nel libro “Schiavi delle Banche”. Proviamo a leggerne uno stralcio:
“Nel 1931, Woergl – una cittadina del Tirolo – contava 4500 abitanti; e, fra i 2000 adulti 1500 disoccupati. Infuriava la Grande Depressione con il suo gelido corollario: la deflazione. Le aziende avevano chiuso, fallite. Il denaro non circolava; anzi era sparito, la crisi suggerendo a chi ne aveva sotto il materasso (nella deflazione i tassi d’interesse sono troppo bassi per invogliare anche i depositi bancari). Insomma l’economia era congelata. Il paesello affondava nella miseria. Il Comune era formalmente in bancarotta perché non riceveva più le imposte e i tributi locali e non era in grado di pagare i suoi impiegati.
Fu allora che il Sindaco – si introduce qui di quest’eroe qualunque: Michael Unterguggenberger – decise di battere la sua propria moneta. Era stato un sindacalista, socialdemocratico e antimarxista. Voleva aiutare i suoi disoccupati,voleva mettere dei soldi nelle tasche dei suoi cittadini, perché costoro ricominciassero a pagare le tasse. Era una moneta del tutto speciale: moneta deperibile.”
Per capirne il funzionamento continuiamo a leggere da Blondet:
“Per tenerla in corso, chi possedeva una di quelle banconote doveva apporvi ogni mese un bollo, che costava l’1% del valore facciale della moneta. Il taglio da dieci scellini (ma l’emissione comprendeva tagli da uno a cinque scellini) esigeva un bollo mensile di 0,1 scellini. Di fatto quella moneta perdeva ogni anno il 12 % del suo valore. Herr Unterguggenberger la chiamò banconota del lavoro. L’ammontare della nuova emissione era pari a 32.000 scellini dell’epoca, pari a circa 4500 dollari di allora. Una cifra ragguardevole per un piccolo paese, e infatti risultò presto in eccesso in proporzione alle necessità di Woergl. Saggiamente, il Sindaco scongiurò l’inflazione che avrebbe potuto seguire l’eccesso di emissione ritirando parte delle banconote; gradatamente, solo 1/3 delle monete deperibili rimase in circolazione.
L’emissione era coperta alla pari: una somma uguale di veri scellini era depositata dal Comune nella locale banca di risparmio. In ogni momento, ogni detentore di banconote del lavoro (moneta deperibile) avrebbe potuto presentarle all’incasso e riscuotere scellini. Ma fu stabilito che, per questa operazione, la banca avrebbe riscosso un aggio di servizio del 2%. Poiché il costo di detenzione della moneta deperibile, l’1% era solo la metà del costo del suo cambio di scellini, di fatto nessuno portò mai all’incasso la nuova moneta.
Tutti gli impiegati del Comune, compreso il Sindaco, dal luglio 1932 cominciarono a ricevere metà del loro stipendio in moneta deperibile. Gli operai che lavoravano per il locale comitato di soccorso disoccupati (ed erano impiegati dal Comune in piccole opere pubbliche) ricevevano invece integralmente il loro salario nel denaro comunale.
A tutta prima, i bottegai si rifiutarono di accettare quello strano surrogato di moneta, che per di più perdeva – come in un inflazione pre-programmata – ogni anno il 12 per cento del valore. Ma il sindaco, abilmente ruppe il fronte dei commercianti, convincendone alcuni ad accettare la nuova moneta, promettendo agevolazioni a chi lo faceva. Anche i riluttanti alla fine saltarono su quel treno: del resto era praticamente il solo denaro in circolazione. Presto tutti la accettarono senza esitare, per il solo fatto che chiunque altro l’accettava. Con due sole eccezioni: l’ufficio postale e la stazione ferroviaria – istituzioni dello Stato – rifiutarono le note del lavoro e continuarono pretendere scellini.
La presenza di quella moneta deperibile, che nessuno aveva interesse ad accumulare, fece rinascere vivacemente – a livello locale – la circolazione monetaria, e dunque risorgere l’economia. La gente si affrettava a spendere quei soldi, e riprese a comprare merci (uno dei danni terribili della deflazione è che ognuno ritarda gli acquisti, perché si aspetta che i prezzi calino ulteriormente domani); ci fu chi pagò in anticipo le tasse comunali, per non dovere comprare i bolli dell’1% necessari a tenere in valore la moneta (il Comune, ovviamente, accettava le sue note in pagamento dei tributi).
Era dal 1926 che il Comune non vedeva tanti introiti. Le tasse arretrate e non pagate fino all’introduzione della moneta deperibile ammontavano a 118mila scellini, ossia al quadruplo dell’emissione di banconote del lavoro. Nel primo mese della nuova emissione, già 4542 scellini erano stati pagati. Il Comune non solo poté cominciare a far fronte ai suoi creditori, ma presto occupare parte di quei 1500 disoccupati in opere pubbliche. Furono asfaltate sette strade di Woergl per un totale di 6 chilometri; migliorate le fognature; piantati nuovi alberi nelle foreste; nel 1933 era in costruzione un trampolino da sci per i turisti (Woergl è una località alpina). Le opere pubbliche attivate dalla moneta deperibile ammontarono al triplo dell’emissione, 100 mila scellini.
Persino la sola banca del paese (filiale locale della Reifesen Bank) ne ebbe vantaggio. Qui, per tutto l’anno precedente l’introduzione della banconota deperibile, i prelievi avevano superato i depositi. Ma già nell’Agosto 1932, dopo un solo mese di vita della nuova banconota, i depositi tornarono a crescere, superando i prelievi di 6591 scellini.”
Introducendo un piccolo pezzo di carta garantito dall’istituzione locale e che acquisiva valore grazie alla fiducia che ne determinava la circolazione, il Sindaco tirolese restituì alla sua Comunità l’autonomia dallo Stato centrale, a sua volta direttamente dipendente dal sistema economico internazionale al collasso. L’esperimento della moneta deperibile era anche difficile da far comprendere ma si sa, la crisi è in grado di fare miracoli. Cosa accadde al piccolo paese tirolese?
Un ebook per comprendere il funzionamento della moneta e la truffa del signoraggio
“Il microscopio esperimento di moneta di popolo, insomma, funzionò. Al punto che alcune città vicine, compresa Innsbruck, cominciarono a prendere in considerazione l’idea. Giornalisti, poi economisti, accorsero a visitare quella cittadina tirolese che cominciava a prosperare, unica isola nella miseria della grande depressione.
Funzionò troppo bene, il sindaco, felice, raccontò ai giornalisti quanto segue: che il 12% annuo estratto dalla bollatura delle banconote, lui, l’aveva reinvestito e speso per il bene della popolazione. E che, dato il ritmo della circolazione, ogni mese il Comune vedeva tornare nelle sue casse venti volte l’ammontare dei primi stipendi pagati con le banconote deperibili. Il 2000 per cento.
Incauta rivelazione. Forse senza nemmeno sospettarlo, Unterguggenberger rivelava due segreti vietati. L’enorme profitto che il sistema bancario estraeva dalla circolazione, e quello immenso e occulto che l’emissione monetaria regala a chi batte la moneta.
Fino a quel momento il Governo austriaco non aveva mostrato ostilità verso l’esperimento di Woergl. Fu la Banca Nazionale d’Austria – la banca privata che emette lo scellino, la moneta nazionale – a pretendere l’abolizione di quel fastidioso concorrente, quell’innocente rivelatore della frode fondamentale. A forza di legge, la moneta deperibile fu bandita nel settembre 1933, come contraria al monopolio accordato alla banca centrale.”
L’esperimento di Woergl fa subito pensare a quello nostrano di Guardiagrele, il paese della maiella abruzzese che all’inizio di questo millennio sperimentò, grazie al genio intellettivo del prof. Giacinto Auriti, il SIMEC, la moneta di popolo che in quegli anni catturò l’attenzione del Daily Express, l’Holland the Volkstra, il Tager An Zeiger, loStuttgarter Zeitung, il New York Times, il Wall Street Journal, la televisione russa, sudafricana, giapponese e quella franco-belga, nonché l’interesse dell’Università della California. Seguendo la massima del “nemo propheta in patria”, l’esperimento e l’insegnamento di Auriti non viene invece adeguatamente studiato in Italia, le “simple minds” italiche tronfie di aria e di luoghi comuni preferiscono bollarlo con la saccenza d’ordinanza come “delirio” o “esperimento fallimentare”. Questo perché i pappagalli del sistema non hanno mai compreso il segreto della moneta, che non è una merce ma il simbolo e il metro di misura del valore.
L’insegnamento più importante dell’esperimento di Woergl non è tanto quello della moneta (che è soltanto un mezzo), ma il fatto che una Comunità locale, grazie alla meritoria opera di un bravo e ispirato amministratore, abbia ritrovato fiducia in se stessa sviluppando l’energia solidale che è in grado di creare quel valore che la troika €urocratica sta distruggendo: il bene comune.
Un pezzo di carta può rimanere tale oppure trasformarsi nel simbolo della fiducia, di un patto solidale che da a tutti la possibilità di adoperarsi per la propria terra.
Twitter @francescofilini