martedì 13 marzo 2018

La falsa eguaglianza tra moneta-merce e Fiat System




"Miti dell'inflazione: la falsa eguaglianza tra moneta-merce e Fiat System", quarto capitolo del libro "Il Complotto del Fruttivendolo" di Daniele Pace

Nell'affrontare questo argomento occorre innanzitutto fare un premessa di precisazione sull'attuale concepimento del Fiat System da parte di chi ne detiene il potere: il sistema bancario.
Nonostante il Fiat System sia basato su una struttura fiduciaria dal valore nominale, il sistema bancario continua a pensare, questo tipo di moneta in relazione all'inflazione, come se si trattasse di una moneta merce di stile medioevale, basato sul valore intrinseco, alimentando in questo modo tra gli economisti, la credenza che la moneta possa inflazionarsi in dipendenza della sua quantità. Il valore intrinseco dell'oro dei secoli passati oggi è sostituito dalla fiducia che a detta del governatore Draghi [1] reggerebbe il valore del denaro. In questo specifico la problematica è ancora diversa rispetto a quanto trattato nel capitolo precedente. [2]

Fino a poco tempo fa si poteva leggere sul sito della Banca d'Italia come in passato l'erosione del metallo prezioso nelle monete metalliche al fine di lucro incidesse sull'inflazione, diminuendo il valore di ogni singolo conio. Oggi questa errata interpretazione dell'inflazione dovuta all'erosione del metallo viene sempre meno “pubblicizzata”, tanto da essere sparita dai siti di molti istituti di credito ufficiali.
Questo esempio dell'erosione del metallo in relazione all'inflazione, molto in voga prima della crisi, tendeva certamente ad alimentare la confusione tra il valore di una valuta e l'indice dei prezzi al consumo, e a giustificare l'esistenza di un ente centrale predisposto al controllo ferreo dell'inflazione in stile Deutsche Bundesbank.

In realtà nelle ricostruzioni storiche riportate in numerosi testi, tra cui il mio La Moneta dell'Utopia, si evidenzia come la moneta nel passato fosse stata emessa nel suo valore seguendo due criteri distinti, l'uno che avesse un valore nominale, e l'altro che avesse un valore intrinseco.
La prima moneta era la numisma aristotelica, in cui il valore veniva deciso per legge e reso di molte volte superiore a quello intrinseco, in modo che non fosse il metallo a determinarlo, ma la legge dello stato.
La seconda moneta era invece la moneta-merce largamente usata quando il concetto di numisma fu dimenticato e il valore del conio era stabilito dal peso stesso del metallo. Queste furono le prime monete di concetto orientale, utilizzate in Occidente fino alle varie riforme basate sul concetto aristotelico di misura del valore, mutuato a Roma per lungo tempo ed abbandonato con la caduta dell'Impero. A questo proposito molto si è detto circa la responsabilità che ebbero gli imperatori nel diminuire il contenuto metallico delle loro moneta, ma in realtà, essendo queste di valore stabilito per legge, la diminuzione quantitativa del metallo non aveva nessun impatto sul conio, e tanto più sull'inflazione che non ha legami con la massa monetaria. Il reale problema monetario del tardo impero fu un'autentica rarefazione monetaria e non la diminuzione del metallo contenuto.

Gli economisti oggi non hanno ancora saputo dare una definizione di denaro ma solo stabilirne le caratteristiche. Le definizioni invece sono molto differenti fra loro a seconda della corrente economica di riferimento, seppur l'introduzione dell'euro avrebbe dovuto fornire indicazioni valide per definire la reale natura della moneta. Gli economisti invece sembrano bloccati su concetti che non tengono conto degli aspetti sociali e giuridici che il denaro moderno comporta, aspetti molto ben approfonditi invece dal professor Auriti dell'Università di Teramo.
L'introduzione dell'Euro, per mezzo di una legge, non ha affatto stimolato gli accademici delle facoltà di economia, chiusi nei loro principi economici influenzati dalla letteratura anglosassone che per sua natura non può, nel caso dell'economia, includere concetti sociali e giuridici in questi studi.
Così la comprensione del denaro moderno, quello che gli economisti vorrebbero capace di inflazionarsi con l'aumentare della massa monetaria, è rimasta a concetti pensati durante i regimi di Gold Standard e moneta merce, escludendo quindi la moneta convenzione stabilita per legge, la stessa legge che con un colpo di penna ha visto nascere la moneta unica. La giurisprudenza ha stabilito, ma in questo caso è più appropriato dire imposto, la moneta convenzione Euro.
La domanda da porsi è: può una convenzione inflazionarsi ?
Qual è la differenza tra la moneta numisma dell'antichità, quella aurea dei secoli seguenti, e l'odierna moneta Fiat fiduciaria, e quale la sua relazione con l'inflazione ?

Possiamo dire che la moneta numisma e la moneta Fiat moderna sono create per legge, senza nessuna relazione con il materiale che ne raffigura il simbolo, mentre la moneta-merce aurea aveva un comportamento assolutamente eguale ad una qualsiasi merce con valore fluttuante.
Mentre nella moneta numisma il metallo era solo il supporto per rappresentare il valore, come lo è la carta e il numero digitale del computer nella moderna moneta Fiat, in quella aurea il metallo era il valore intrinseco della moneta. Quindi solo questa può essere considerata come una merce, mentre le altre due sono monete stabilite nel valore dalla legge che crea una convenzione. La convenzione giuridica non può essere soggetta ad inflazione e l'errore fondamentale degli economisti, passati e odierni, è stato quello di definire la moneta come merce, così come oggi continua a discuterne il sistema bancario. Questo sia nel caso dell'inflazione che in quello del prestito ad interessi.
Ma come oramai svelato con l'introduzione del sistema Fiat, e come esposto due millenni fa da Aristotele, la moneta non può essere una merce, ma solo una convenzione da regolare per legge, la nomos aristotelica perfezionata nel pensiero da Giacinto Auriti. [3]
Ecco allora che l'errore fondamentale nell'approccio alla moneta viene ancora oggi perpetrato nell'utilizzare in primo luogo modelli economici pensati durante il Gold Standard, oggi superati da un nuovo modello monetario, e in secondo luogo dal trattare di moneta come se fosse una merce e non una convenzione sociale il cui valore e la cui creazione vengono stabilite per legge.

Il denaro non può essere una merce anche se vi sono delle somiglianze di forma. In quanto alla sostanza, ma in particolare la sua creazione, vi sono meccanismi e processi non solo diversi, ma anche appartenenti a sfere che nulla hanno a che vedere tra loro.
Le somiglianze di forma si trovano nella possibilità di scambio, nella misurazione di un valore e in un valore d'uso, ma la creazione della merce e quella del denaro seguono e nascono in processi, l'uno materiale, l'altro spirituale, tra loro non associabili.
La merce è un bene economico naturale o lavorato, scambiabile con altra merce, che ha necessità di un ciclo economico relazionato ad un tempo ed un lavoro reali di produzione e di un valore d'uso.
Anche i beni naturali hanno bisogno di tempo e di risorse. Il legno ad esempio ha bisogno della crescita dell'albero e dell'assimilazione dei nutrienti, forza lavoro ed energia naturale. Il petrolio di processi chimici e tempi geologicamente ampi. Qualsiasi bene materiale prodotto dall'uomo necessita di un ciclo produttivo egualmente ai cicli naturali della terra.
Il denaro al contrario, è scambiabile con merce e possiede un valore d'uso essendo un mezzo di scambio, ma non ha bisogno di cicli economici che impieghino tempo e lavoro in quanto esso è tempo, spirito e convenzione. Ha valore non come necessità primaria umana e non come espressione del lavoro umano, ma come espressione della convenzione sociale, che non richiede “manodopera” ma regola giuridica. Il denaro non può essere una merce in quanto manca di acquisire il valore nell'uso specifico che caratterizza un bene. Esso ha un potere d'acquisto, che è il suo valore d'uso, nella previsione temporale del suo utilizzo come mezzo di scambio e misura del valore dello scambio. Ma esso è convenzione in quanto non è l'elemento materiale a conferire valore, ma la convenzione sociale, l'accordo tra parti, oggi imposto per legge, che esso abbia quel valore. Per esistere oggi, come lo fu nei tempi della numisma, ha bisogno solo della convenzione sociale, imposta o consensuale. Carta ed inchiostro, quindi spirito e giurisprudenza. Il materiale che rappresenta il valore non ha nessuna importanza, e quindi il ciclo economico da cui deriva, quando sussiste la convenzione, tanto che oggi il denaro è rappresentato per il 90 per cento, da scritture contabili computerizzate immateriali.
Si tratta quindi di un accordo sociale di creazione di un valore nel tempo, stabile e condiviso, che abbia una funzione strumentale, creato dallo spirito umano, dalla mente creativa, per cui nascita è sufficiente la legge. Non vi è un ciclo economico, non vi è materia o lavoro.

La differenza con la merce nel processo di creazione del denaro è evidente. Questo pur avendo un uso utilitaristico nello scambio, non ha il consumo/godimento “classico” vero e proprio della merce. Una convenzione sociale imposta o consensuale, creata dalla mente e/o dalla legge non può inflazionarsi in nessun modo e il suo valore viene stabilito arbitrariamente e non secondo presunte “leggi naturali”.
Infatti il suo comportamento nella circolazione è completamente diverso da qualsiasi altra merce. [4]
L'economia moderna vorrebbe una relazione tra quantità di moneta e inflazione, apparentemente come nel caso di un'erosione del metallo, non a caso facendone prima riferimento anche nel sito della Banca d'Italia. Oggi questo riferimento è scomparso ma ne resta una sorta di traccia quando si tenta di legare la moneta convenzione moderna all'inflazione.
Un biglietto di carta o una scrittura digitale tuttavia non possono diminuire il loro valore essendo questo convenzionalmente scritto. Possono certamente acquistare meno beni rispetto al passato, ma in conseguenza dell'aumento dei prezzi e non alla diminuzione del loro valore, che resta fisso.
Questo valore fisso sarà evidenziato nel proseguo di questo lavoro con la dissertazione sull'equazione di Fisher in cui si vorrebbe dimostrare una relazione tra inflazione e massa monetaria [5]. Per il momento è sufficiente rompere il legame diretto e causale tra l'aumento della massa monetaria e inflazione che l'equazione vorrebbe dimostrare e che la convenzione imposta dallo stato già smentisce essendo essa invariabile.
Il denaro infatti in passato veniva accettato come consuetudine, definita poi come valore giuridico indotto dal professor Auriti [3], che lo stato converte in convenzione per mezzo della legge. Una volta accordato che una singola banconota, ed oggi un numero digitale, ha un determinato valore X, questo non può modificarsi perché la somma delle banconote, o dei numeri digitali, varia. Questa sarà necessariamente la somma dei valori X, che restano costanti in quanto il valore di una banconota, che resta un certificato legale a tutti gli effetti, non è variabile, così come il numero digitale del computer con il quale si eroga il credito bancario, ovvero la promessa a richiesta di liquidità nella stessa specie monetaria da parte della banca.



[1] Archivio della Banca d'Italia, La cultura della stabilità monetaria dall’Unità a oggi. Intervento di Mario Draghi, 4 aprile 2001 (http://www.bancaditalia.it/interventi/integov/2011/draghi-040411/Inaugurazione_Mostra_04_04_2001.pdf )
[2] Inflazione dei prezzi e svalutazione monetaria, pag. 14
[3] Il paese dell'utopia, Giacinto Auriti, PDF gratuito, (http://www.signoraggio.com/auriti/ilpaesedellutopia_auriti.pdf )
[4] Preesistenza di V e T nello scambio: Riserva di Valore e circolazione, pag. 64
[5] TERZA PARTE, pag 41

Nessun commento:

Posta un commento