"Miti dell'inflazione: la falsa eguaglianza tra moneta-merce e Fiat System", quarto capitolo del libro "Il Complotto del Fruttivendolo" di Daniele Pace
Nell'affrontare questo
argomento occorre innanzitutto fare un premessa di precisazione
sull'attuale concepimento del Fiat System da parte di chi ne detiene
il potere: il sistema bancario.
Nonostante il Fiat System sia
basato su una struttura fiduciaria dal valore nominale, il sistema
bancario continua a pensare, questo tipo di moneta in relazione
all'inflazione, come se si trattasse di una moneta merce di stile
medioevale, basato sul valore intrinseco, alimentando in questo modo
tra gli economisti, la credenza che la moneta possa inflazionarsi in
dipendenza della sua quantità. Il valore intrinseco dell'oro dei
secoli passati oggi è
sostituito dalla fiducia che a detta del governatore Draghi
[1]
reggerebbe il valore del denaro. In questo specifico la
problematica è
ancora
diversa rispetto
a quanto trattato nel capitolo precedente. [2]
Fino a poco tempo fa si poteva
leggere sul sito della Banca d'Italia come in passato l'erosione del
metallo prezioso nelle monete metalliche al fine di lucro incidesse
sull'inflazione, diminuendo il valore di ogni singolo conio. Oggi
questa errata interpretazione dell'inflazione dovuta all'erosione del
metallo viene sempre meno “pubblicizzata”, tanto da essere
sparita dai siti di molti istituti di credito ufficiali.
Questo
esempio dell'erosione del metallo in relazione all'inflazione, molto
in voga
prima della crisi, tendeva certamente ad alimentare la confusione tra
il valore di una valuta e l'indice dei prezzi al consumo, e a
giustificare l'esistenza di un ente centrale predisposto al controllo
ferreo dell'inflazione in stile Deutsche
Bundesbank.
In
realtà nelle ricostruzioni storiche riportate in numerosi testi, tra
cui il mio La
Moneta dell'Utopia,
si evidenzia come la moneta nel passato fosse stata emessa nel suo
valore seguendo due criteri distinti, l'uno che avesse un valore
nominale, e l'altro che avesse un valore intrinseco.
La
prima moneta era la numisma
aristotelica, in cui il valore veniva deciso per legge e reso di
molte volte superiore a quello intrinseco, in modo che non fosse il
metallo a determinarlo, ma la legge dello stato.
La
seconda moneta era invece la moneta-merce
largamente usata
quando il concetto di numisma fu dimenticato e il valore del conio
era stabilito dal peso stesso del metallo. Queste furono le prime
monete di concetto orientale, utilizzate in Occidente fino alle varie
riforme basate sul concetto aristotelico di misura del valore,
mutuato a Roma per lungo
tempo ed abbandonato con la caduta dell'Impero. A questo proposito
molto si è
detto circa la responsabilità che ebbero gli imperatori nel
diminuire il contenuto metallico delle loro moneta, ma in realtà,
essendo queste di valore stabilito per legge, la diminuzione
quantitativa del metallo non aveva nessun impatto sul conio, e tanto
più
sull'inflazione che non ha legami con la massa monetaria. Il reale
problema monetario del tardo impero fu un'autentica rarefazione
monetaria e
non la diminuzione del metallo contenuto.
Gli
economisti oggi non hanno ancora saputo dare una definizione di
denaro ma solo stabilirne le caratteristiche. Le definizioni invece
sono molto differenti fra loro a seconda della corrente economica di
riferimento, seppur l'introduzione dell'euro avrebbe dovuto fornire
indicazioni valide per definire la reale natura della moneta. Gli
economisti invece sembrano bloccati su concetti che non tengono conto
degli aspetti sociali e giuridici che il denaro moderno comporta,
aspetti molto ben approfonditi invece dal professor Auriti
dell'Università di Teramo.
L'introduzione
dell'Euro, per mezzo di una legge, non ha affatto stimolato gli
accademici delle facoltà di economia, chiusi nei loro principi
economici influenzati dalla letteratura anglosassone che per sua
natura non può, nel caso dell'economia, includere concetti sociali e
giuridici in questi studi.
Così
la comprensione del denaro moderno, quello che gli economisti
vorrebbero capace di inflazionarsi con l'aumentare della massa
monetaria, è
rimasta a concetti pensati durante i regimi di Gold Standard e moneta
merce, escludendo quindi la moneta convenzione stabilita per legge,
la stessa legge che con un colpo di penna ha visto nascere la moneta
unica. La giurisprudenza ha stabilito, ma in questo caso è
più
appropriato dire imposto, la moneta convenzione Euro.
La
domanda da porsi è:
può una convenzione inflazionarsi ?
Qual
è
la differenza tra la moneta numisma
dell'antichità, quella aurea dei secoli seguenti, e l'odierna moneta
Fiat fiduciaria, e quale la sua relazione con l'inflazione ?
Possiamo
dire che la moneta numisma
e la moneta Fiat moderna sono create per legge, senza nessuna
relazione con il materiale che ne raffigura il simbolo, mentre la
moneta-merce aurea aveva un comportamento assolutamente eguale ad una
qualsiasi merce con valore fluttuante.
Mentre
nella moneta numisma
il
metallo era solo il supporto per rappresentare il valore, come lo è
la carta e il numero digitale del computer nella moderna moneta Fiat,
in quella aurea il metallo era il valore intrinseco della moneta.
Quindi solo questa può essere considerata come una merce, mentre le
altre due sono monete stabilite nel valore dalla legge che crea una
convenzione. La convenzione giuridica non può essere soggetta ad
inflazione e l'errore fondamentale degli economisti, passati e
odierni, è
stato quello di definire la moneta come merce, così come oggi
continua a discuterne il sistema bancario. Questo sia nel caso
dell'inflazione che in quello del prestito ad interessi.
Ma
come oramai svelato con l'introduzione del sistema Fiat, e come
esposto due millenni fa da Aristotele, la moneta non può essere una
merce, ma solo una convenzione da regolare per legge, la nomos
aristotelica perfezionata nel pensiero da Giacinto Auriti. [3]
Ecco
allora che l'errore fondamentale nell'approccio alla moneta viene
ancora oggi perpetrato nell'utilizzare in primo luogo modelli
economici pensati durante il Gold Standard, oggi superati da un nuovo
modello monetario, e in secondo luogo dal trattare di moneta come se
fosse una merce e non una convenzione sociale il cui valore e la cui
creazione vengono stabilite per legge.
Il
denaro non può essere una merce anche
se vi sono delle somiglianze di forma. In
quanto alla
sostanza, ma in particolare la sua creazione, vi
sono meccanismi e
processi non solo diversi, ma anche
appartenenti a sfere che nulla hanno a che vedere
tra loro.
Le
somiglianze di forma si trovano nella possibilità di scambio, nella
misurazione di un valore e in un valore d'uso, ma la creazione della
merce e quella del denaro seguono e nascono in processi, l'uno
materiale, l'altro spirituale, tra loro non associabili.
La
merce è
un bene economico naturale o lavorato, scambiabile con altra merce,
che ha necessità di un ciclo economico relazionato ad un tempo ed un
lavoro reali di produzione e di un valore d'uso.
Anche i beni naturali hanno
bisogno di tempo e di risorse. Il legno ad esempio ha bisogno della
crescita dell'albero e dell'assimilazione dei nutrienti, forza lavoro
ed energia naturale. Il petrolio di processi chimici e tempi
geologicamente ampi. Qualsiasi bene materiale prodotto dall'uomo
necessita di un ciclo produttivo egualmente ai cicli naturali della
terra.
Il
denaro al contrario,
è
sì scambiabile
con merce e possiede
un valore d'uso essendo
un mezzo di scambio, ma
non ha bisogno
di cicli
economici
che impieghino
tempo e lavoro in quanto
esso è
tempo, spirito e
convenzione. Ha valore
non come necessità
primaria umana e non come
espressione del lavoro umano, ma come espressione della convenzione
sociale, che non richiede “manodopera” ma regola giuridica. Il
denaro non può essere una merce in quanto manca di acquisire il
valore nell'uso specifico che caratterizza un bene. Esso ha un potere
d'acquisto, che è
il suo valore d'uso, nella previsione temporale del suo utilizzo come
mezzo di scambio e misura del valore dello scambio. Ma esso è
convenzione in quanto non è
l'elemento materiale a conferire valore, ma la convenzione sociale,
l'accordo tra parti, oggi imposto per legge, che esso abbia quel
valore. Per esistere oggi, come lo fu nei tempi della numisma,
ha bisogno solo della convenzione sociale, imposta o
consensuale. Carta ed inchiostro, quindi spirito e giurisprudenza. Il
materiale che rappresenta il valore non ha nessuna importanza, e
quindi il ciclo economico da cui deriva, quando sussiste la
convenzione, tanto che oggi il denaro è
rappresentato per il 90
per cento, da scritture contabili computerizzate immateriali.
Si
tratta quindi di un accordo sociale di creazione di un valore nel
tempo, stabile e condiviso, che abbia una funzione strumentale,
creato dallo spirito umano, dalla mente creativa, per cui nascita è
sufficiente la legge. Non vi è
un ciclo economico, non vi è
materia o lavoro.
La
differenza con la merce nel processo di creazione del denaro è
evidente. Questo pur avendo un
uso utilitaristico nello
scambio, non ha
il
consumo/godimento
“classico”
vero e proprio della
merce. Una
convenzione sociale imposta o consensuale, creata dalla mente e/o
dalla legge non può inflazionarsi in nessun modo e il suo valore
viene stabilito arbitrariamente e non secondo presunte “leggi
naturali”.
Infatti il suo comportamento
nella circolazione è
completamente diverso da qualsiasi altra merce. [4]
L'economia
moderna vorrebbe una relazione tra quantità di moneta e inflazione,
apparentemente come nel caso di un'erosione del metallo, non a caso
facendone prima riferimento anche nel sito della Banca d'Italia. Oggi
questo riferimento è
scomparso ma ne resta una sorta di traccia quando si tenta di legare
la moneta convenzione moderna all'inflazione.
Un
biglietto di carta o una scrittura digitale tuttavia non possono
diminuire il loro valore essendo questo convenzionalmente scritto.
Possono certamente acquistare meno beni rispetto al passato, ma in
conseguenza dell'aumento dei prezzi e non alla diminuzione del loro
valore, che resta fisso.
Questo
valore fisso sarà evidenziato nel proseguo di questo lavoro con la
dissertazione sull'equazione di Fisher in cui si vorrebbe dimostrare
una relazione tra inflazione e massa monetaria [5].
Per il momento è
sufficiente rompere il legame diretto e causale tra l'aumento della
massa monetaria e inflazione che l'equazione vorrebbe dimostrare e
che la convenzione imposta dallo stato già smentisce essendo essa
invariabile.
Il
denaro infatti in passato veniva accettato come consuetudine,
definita poi come valore giuridico indotto dal professor Auriti [3],
che lo stato converte in convenzione per mezzo
della legge. Una volta accordato che una singola banconota, ed oggi
un numero digitale, ha un determinato valore X, questo non può
modificarsi perché la somma delle banconote, o dei numeri digitali,
varia. Questa sarà
necessariamente la somma dei valori X, che
restano costanti in quanto il valore di una banconota, che resta un
certificato legale a tutti gli effetti, non è
variabile, così come il numero digitale del computer con il quale si
eroga il credito bancario, ovvero la promessa a richiesta di
liquidità nella stessa specie monetaria da parte della banca.
[1]
Archivio
della Banca d'Italia, La
cultura della stabilità monetaria dall’Unità a oggi. Intervento
di Mario Draghi, 4 aprile 2001
(http://www.bancaditalia.it/interventi/integov/2011/draghi-040411/Inaugurazione_Mostra_04_04_2001.pdf
)
[2]
Inflazione dei prezzi e svalutazione monetaria, pag.
14
[3]
Il
paese dell'utopia, Giacinto Auriti, PDF gratuito,
(http://www.signoraggio.com/auriti/ilpaesedellutopia_auriti.pdf
)
[4]
Preesistenza di V e T nello scambio: Riserva di Valore e circolazione,
pag.
64
[5]
TERZA PARTE, pag
41
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